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Puoi ricordarlo solo se hai più di 50 anni
I traduttori che si sono formati negli anni Ottanta ricorderanno sicuramente questa scena: alcuni studenti di traduzione leggono a turno passaggi delle proprie traduzioni al professore, che ascolta attentamente ad occhi chiusi e talvolta annuisce. Se fa così, va bene: significa che la versione dello studente è simile alla sua. Può capitare che le correzioni e i suggerimenti vengano interrotti da qualcuno che chiede conferma di una versione alternativa, ma confrontarne molte richiede troppo tempo e viene pertanto disincentivato. Gli studenti, infatti, devono tradurre il più possibile (val più la pratica che la grammatica) e i testi sono lunghi. Ad ogni lezione il copione è lo stesso: gli studenti condividono i risultati delle proprie battaglie individuali con le parole e fintantoché il prodotto finale è buono a nessuno interessa davvero come ci siano arrivati. Il lavoro di squadra, il project-based learning o la collaborazione non sono contemplati. Si lavora “ognuno per sé” e la competizione è spietata. A volte si sentono persino risatine sommesse dal fondo dell’aula quando qualcuno commette un errore piuttosto grave.
Per fortuna quei giorni sono finiti
La formazione in traduzione ha preso finalmente le distanze da quello che oggi è noto come “approccio trasmissivo”[1], e i professori non impongono più la propria versione. Al contrario, gli studenti sono incoraggiati a considerare diverse possibilità, comunque adeguate, per lo stesso testo di partenza. In aula l’attenzione non è tanto focalizzata sul prodotto finale quanto sul processo di traduzione e, infatti, il ragionamento dietro una determinata scelta può rivelarsi più importante della scelta stessa. Le opzioni traduttive scorrette fanno quindi parte del processo di apprendimento e, piuttosto che essere semplicemente liquidate come errori, vengono considerate un’opportunità per imparare.
Strumentali a favorire queste dinamiche sono le strategie di apprendimento collaborativo. Con queste gli studenti svolgono un ruolo attivo, assumendosi quindi la responsabilità del proprio processo di apprendimento e acquisendo durante il percorso competenze essenziali (traduttive, interpersonali, tecnologiche…). Nonostante la gran varietà di attività di apprendimento collaborativo, la maggior parte dei docenti di traduzione ritiene sia utile far lavorare gli studenti in gruppi di due o più persone, proponendo loro incarichi project-based che mirano a riprodurre condizioni lavorative reali. Si incoraggiano la discussione attiva e il brainstorming come strategie di problem solving che esplicitano il processo di apprendimento. La valutazione spesso si basa sui lavori consegnati in itinere dagli studenti e, laddove è possibile, si evitano gli esami tradizionali. Se dare un voto è inevitabile, a tal fine si considerano l’autovalutazione e la valutazione tra pari, il grado di coinvolgimento dello studente e il suo contributo al lavoro collaborativo.
Siamo passati da un estremo all’altro?
Che ne è quindi del lavoro individuale e della competizione? Non sono scomparsi dalle aule ma sono stati ridotti drasticamente. Considerando un mercato del lavoro sempre più competitivo e tenendo conto del fatto che i traduttori devono ancora lavorare individualmente con ritmi frenetici e assumersi la responsabilità delle proprie traduzioni, stiamo davvero preparando gli studenti a diventare professionisti di successo? In fin dei conti, molte agenzie di traduzione durante il processo di selezione chiedono ai candidati di svolgere una prova individuale. I neolaureati ne sono all’altezza? Ma, soprattutto, si sentono pronti?
Le domande senza risposta sono ancora molte, quindi ben vengano nuove ricerche sul tema!
Nel 2021, il Master dell’ISCAP in Traduzione e interpretazione specializzate (MTIE) ha celebrato la Giornata Internazionale della Traduzione con un evento che ha inaugurato il Premio di Traduzione Tecnico-Scientifica MTIE. Questa iniziativa di portata nazionale era aperta a tutti gli studenti di traduzione e ai giovani laureati portoghesi fino ai ventinove anni, i quali avevano a disposizione due ore per tradurre circa 500 parole. Oltre ai premi molto generosi (licenze per CAT tool del valore di centinaia di euro per i primi due classificati a cui aggiungere un premio in denaro di 300€ per il vincitore), la gara è stata finanziata dalla DGT e dall’Associazione Portoghese delle Agenzie di Traduzione (APET), le quali avrebbero garantito ai vincitori una maggiore visibilità di fronte a potenziali datori di lavoro. Era inoltre un’opportunità per gli aspiranti traduttori di mettere alla prova le proprie capacità senza il rischio della bocciatura. Si trattava, infatti, di un’attività extracurricolare che non aveva ripercussioni sui risultati accademici. Considerando poi che l’anno accademico era appena iniziato, anche il periodo era ideale: una congiuntura favorevole, insomma. O almeno così credevamo. Le iscrizioni sono rimaste aperte per due mesi e le informazioni sono state inviate a tutti gli istituti di istruzione superiore portoghesi che offrivano corsi di traduzione. Con centinaia di potenziali partecipanti che avrebbero potuto scegliere di tradurre da inglese, francese, tedesco, spagnolo e russo, ci aspettavamo una corsa alle iscrizioni. Ciononostante, alla scadenza del periodo utile per presentare la domanda si erano iscritti soltanto in diciotto.
Qualche giorno prima che chiudessero le iscrizioni ho incontrato un’ex studentessa, da poco laureata. Dopo averla salutata, le ho confessato la mia sorpresa nel non vedere il suo nome tra i partecipanti al premio di traduzione… Forse non aveva letto le e-mail? “Le ho viste” ha risposto, “ma non fa per me. Troppo stress”. Sono rimasta senza parole. Si trattava di un caso isolato o di una sensazione condivisa anche dai suoi colleghi? Il voler evitare lo stress impediva agli studenti di accettare nuove sfide? La mancanza di competizione in aula ha qualcosa a che vedere con questa situazione?
Speriamo di trovare qualche risposta dopo la seconda edizione del Premio di Traduzione MTIE che si terrà il prossimo settembre. In quell’occasione, agli studenti e ai giovani laureati verrà distribuito un questionario. A differenza di altre pubblicazioni su questo specifico argomento, comunque scarse[2], le ragioni e le motivazioni per la mancata partecipazione all’iniziativa possono essere approfondite. Qualunque siano i risultati, va da sé che non torneremo alle lezioni noiose degli anni Ottanta, ma non sarebbe la prima volta che dobbiamo aggiustare il tiro per migliorare i metodi d’insegnamento. Come tutti i corsi di studio, anche quello in traduzione si deve adattare al mondo fuori dall’università. Un mondo che è in costante cambiamento.
[1] Kiraly, D. (2001). “Towards a constructivist approach to translator education”. Quaderns. Revista de traducció 6. Disponibile su: https://www.raco.cat/index.php/QuadernsTraduccio/article/download/25282…
[2] Vedasi, ad esempio, l’articolo di Piotr Szymczak’s del 2016, “Translation Competitions in Educational Contexts: A Positive Psychology Perspective”.
Dettagli
- Data di pubblicazione
- 30 agosto 2022
- Lingua
- neerlandese
- inglese
- francese
- italiano
- spagnolo
- Categoria EMT
- Iniziative pedagogiche